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26 aprile 2014

Come gliela spieghi la morte ad un bambino?


Sono stati giorni difficili, emotivamente struggenti, razionalmente inconcludenti.
Quando scompare una persona a te cara sei obbligato a fare i conti con "la Signora" ed il dialogo diventa un "a tu per tu" con il vuoto, l'oscurità, il senso di mancanza, la rabbia, la disperazione...la nostalgia ed il ricordo.
Lui, se ne è andato quasi in punta di piedi: poca gente intorno, quella a cui teneva di più e, forse, chissà, il dolore di dover lasciare una compagna a cui ha fatto da faro ed una figlia troppo piccola per rimanere senza il padre. Sono sicura che non avrebbe voluto andare, certa che è stato per loro l'ultimo respiro, l'ultimo pensiero. Quando arriva il momento del trapasso però non puoi forzare, non puoi forzarti, devi necessariamente mollare e andare...senza più voltarti indietro.Quando ho saputo della sua scomparsa, il primo mio pensiero, devo dire la verità, è volato a Lucrezia, ad una bimba dell'età della mia a cui avrebbero dovuto spiegare qualcosa di troppo grande ed incomprensibilmente ingiusta per tutti....figuriamoci per una topina di soli 8 anni. Rimanere senza papà è sicuramente uno di quei traumi che non passano e con il quale occorre fare i conti per una vita intera. Ma sarà possibile "addolcire" questa pillola amara, mi sono chiesta? Sarà possibile attenuare per la bimba un colpo così violento?
Oggi era il the day after e la piccola Lulù ha passato la giornata con noi: i suoi cuginetti l'aspettavano a braccia aperte e lei ha accettato di buon grado di trascorrere del tempo insieme a loro.
Io ero timorosa e incerta, frastornata da un accaduto che non si può raccontare ad una bambina che avrebbe avuto tutto il diritto di avere il padre accanto. Sembrava spensierata ma a tratti leggevi nel suo sguardo perso nel vuoto un cenno di tristezza quasi inconsapevole. Non potevo fare finta di niente e le ho chiesto di abbracciarmi, di darmi un po' di carica...so che era lei ad aver bisogno di un gesto d'amore ma gliel'ho chiesto io. Mi ha spiegato che era un po' triste perchè il suo papà "aveva dovuto morire" ed io, con un nodo in gola e le lacrime agli occhi, le ho risposto che ha tutto il diritto di essere triste e che sicuramente sentirà la mancanza del suo adorato papà. Però...ho provato a passarle il messaggio che ora non sarà mai sola: "...hai un Angelo speciale che veglia su di te Lucrezia e questo Angelo speciale è tuo padre. Ti mancherà il suo abbraccio ma lui ti stringerà comunque e ti starà accanto in ogni istante della tua vita. Se prima in alcuni momenti non potevate essere vicini e non potevate vedervi perchè tu eri a scuola e magari lui a lavorare, ora Lui sarà sempre vicino a te, giorno e notte.....la differenza sta nel fatto che non lo puoi vedere, ma se stai in silenzio lo potrai sentire!". Non so se l'ho convinta davvero, non so se sono riuscita in qualche modo ad attenuare il suo dolore e nemmeno se davvero le mie parole fossero quelle giuste. Ma forse di parole giuste non ce ne sono! Più ne cerchi e meno ne trovi. E' come una musica stonata, come una leggera ubriacatura.
Forse la morte è davvero l'unica cosa sulla quale la razionalità non funziona, le domande restano sicuramente senza risposte ed il cuore rimane pesante e piangente...siamo perdenti già in partenza! Ed io questa cosa faccio davvero fatica a spiegarmela e ad accettarla. E' una di quelle cose che sconvolge la mia emotività sempre più o meno controllata. E' un colpo dritto al cuore. Mi sono chiesta se ci sia un modo per sconfiggere il senso di vuoto e di impotenza che la morte lascia e mi sono risposta che l'unica maniera per fronteggiarla è l'AMORE. Puffetta Gaia, che per tutto il giorno non è sembrata interessata al discorso, stasera, prima di addormentarsi mi ha raccontato di un suo dialogo con la cuginetta che le ha spiegato della morte del papà con un po' di tristezza nel cuore e mi ha detto di averle risposto che ora il papà lei ce l'ha in maniera diversa...ma è e sarà sempre il suo papà! Io l'ho stretta a me e lei mi ha guardata negli occhi fissa ed ha sentenziato: "Mamma, io so come sconfiggere la mancanza di qualcuno che ami! Quando tu vai via per lavoro mi manchi molto ed io faccio come mi hai suggerito tu: prendo il tuo pigiama con il tuo profumo dentro e lo stringo forte a me. Mi sembra di averti vicina anche se non ci sei e mi sento meno male. Forse questo trucchetto può funzionare anche per la mia cuginetta Lucrezia! Il suo papà ce l'aveva un pigiama, vero mamma? Perchè se ce l'aveva il problema è risolto! Sai che faccio mamma? Domani telefono alla Lulù e le dò questo consiglio...."
Domani.....amore.....domani.....

24 aprile 2014

Non voglio mica la luna!


Sembra un'assurdità ma succede davvero.
A volte ti poni obiettivi "da grande" e strada facendo ti accorgi che raggiungerli non sarà poi così difficile: incredula arrivi alla meta felice e soddisfatta e, se sei fortunata, con il minimo sforzo ottieni il massimo risultato. Altre volte pensi intensamente di voler arrivare da una parte, sogni, speri, lotti, cadi, a fatica ti rialzi e poi, stremata guardi avanti e ti accorgi che la strada è ancora lunga. Quasi quasi ci ripensi, perdi la speranza, ma poi vince sempre l'intensità del desiderio e continui.....arrivi distrutta, prosciugata, senza forze tanto da non riuscire nemmeno a goderti la vittoria del momento.
A me sta succedendo proprio questo. Mi ero posta l'obiettivo di migliorare il mio rapporto con i miei figli, di perfezionare l'approccio che ho verso situazioni "critiche" che li riguardano, mi sono impegnata, messa in discussione, analizzata. Ho vivisezionato i miei pensieri, il mio cuore, i miei sentimenti. Ho cercato di capire, di studiare, di provare, di cambiare approccio mentale e mi è sembrato di fare anche dei bei passi in avanti.
Poi, improvvisamente, il meccanismo si è inceppato di nuovo e in un secondo mi sono ritrovata al punto di partenza. Sconfitta, frustrata, dispiaciuta e piena di sensi di colpa: mi sono sentita inadeguata, incapace di essere una "brava mamma" ed ho dovuto rimescolare le carte prima di riprendermi, alzarmi e continuare il mio viaggio introspettivo. Mi sono chiesta come fosse possibile desiderare tanto una cosa e poi rischiare di buttare tutto al vento per il nervoso e la rabbia scatenati da "un momento", da una sciocchezza, da un "contrattempo" e la risposta convincente non sono mai riuscita a darmela.
Io, così RAZIONALE, mentalmente INQUADRATA, con un ORDINE ed un RIGORE che caratterizzano tutta la mia esistenza; PRAGMATICA e a volte quasi CINICA mi sono scoperta non in grado di accettare l'imperfezione che invece caratterizza il genere umano, assolutamente allo sbando delle mie reazioni emotive ogni volta che le cose non sono sotto il mio asfissiante controllo. Mi sono sentita dire che voler a tutti i costi fare la "mamma da manuale" rappresentava un errore, una fatica troppo grande da sopportare quando si è di fronte a due bambini da crescere, quando l'imprevedibile fa parte della quotidianità. Ho dovuto rivedere le basi con le quali sono cresciuta e ridefinire i contorni della mia personalità, mi sono sentita in dovere di migliorarmi, ho provato a mettere da una parte la voglia di avere sempre tutto sotto controllo cercando di dare spazio alla parte più incontrollabile di me, l'emotività, il sentimento ed ho dovuto e voluto farlo per me stessa ma soprattutto per loro, i miei figli. Mi sono detta e ripetuta che loro hanno tutto il diritto di sbagliare, di non essere perfetti, di vivere la realtà beata (e non distorta, come ho sempre pensato!) dell'essere bambini, del tempo che non ha tempo e dello spazio che non ha confini....ed ho provato con tutta me stessa ad accettare questa diversità come un'opportunità di confronto, come un'occasione che mi è stata data per tornare a guardare il mondo con gli occhi puri e senza sovrastrutture, esattamente come sono Loro!
Andava tutto bene, mi sentivo meglio io e sentivo che anche il mio rapporto e la mia relazione nell'essere madre stava piano piano prendendo contorni meno forti, più smussati, meno rigidi. I bambini sono felici quando vedono sorrisi e morbidezza intorno a loro!
Poi ieri sera è risuccesso: è bastata una casa in disordine con giochi e pentolini sparsi sul pavimento a farmi perdere il controllo. Avrei voluto ordine, rigore ed ho trovato caos e inesattezza.....tutto questo dopo una estenuante giornata lavorativa! Li ho sgridati, li ho ripresi a muso duro, li ho messi in castigo....ed ho letto nei loro occhi lo smarrimento, li ho visti sconcertati, disorientati, turbati, increduli. In fondo ci ho messo un po' ma dopo una doccia rigenerante e cinque minuti di silenzio in solitaria mi sono resa conto di aver di nuovo sbagliato, di aver fatto un passo indietro, verso quel senso di vuoto che mi sono impegnata per mesi e mesi a far sparire.
Bastava solo cambiare punto di vista: una casa non è disordinata ma è vissuta quando ci sono dei bambini che la abitano; infrangere una regola non vuol dire trasgredire ma vuol dire provare a crescere; prendersi del tempo per fare delle cose non vuol dire perdere tempo ma significa vivere il proprio tempo in maniera spensierata.....ed io, dall'alto del mio voler essere "mamma perfetta" ho perso di vista la cosa più importante e cioè il DIRITTO DI ESSERE BAMBINI E DI VIVERE DA BAMBINI che i miei figli reclamano!
Mi sono scusata con loro, ho cercato di rassicurarli, di riordinare i loro pensieri (ingiustamente) spettinati. E' bastato il loro sorriso a ricambiare il mio abbraccio a farmi pensare che in fondo in fondo VOGLIO SOLO ESSERE UNA MAMMA MIGLIORE....non voglio mica la luna, io!

17 aprile 2014

La gestione del distacco nella crescita!


E' una fase che arriva....è naturale che sia così.
Crescono ed è giusto che imparino a gestire la paura del distacco da mamma e papà.
Qualcuno inizia fin da piccolissimo: perchè va all'asilo nido o perchè viene affidato a nonni o baby sitter per questioni lavorative. A soffrire di più di solito è la mamma che, spesso e volentieri, inizia a pensare mesi prima al momento del rientro al lavoro e lo vive con una certa ansia e con incredibili sensi di colpa. Questo non aiuta e, al contrario, influenza negativamente anche il bimbo che sente l'insicurezza della mamma e la percepisce con un senso di "abbandono". E' un circolo vizioso difficile da spezzare, ma è necessario imparare a farlo, pena....la serenità di tutti!
Come ho vissuto io questa fase? In maniera molto differente con Puffetta Gaia e con Puffo Edino.
Gaia è nata prematura ed il primissimo distacco da me l'abbiamo forzatamente subìto al momento della sua nascita: non eravamo pronte, ci sembrava troppo presto per lasciarci così. Mi è sembrato una rapimento: dal mio grembo direttamente in una incubatrice. Ed in più in due ospedali differenti. E' sicuramente stata una sofferenza per entrambe e lo dimostra il fatto che, ancora oggi che lei ha ben 8 anni, siamo legate da un rapporto molto profondo che a volte genera nel nostro rapporto a due momenti di grande sofferenza.
Poi sono dovuta tornare al lavoro: aveva "solo" 8 mesi ed io la vedevo ancora troppo bisognosa di me e delle mie cure. Mi sono sentita con le spalle al muro: dovevo tornare in ufficio ma volevo con tutta me stessa vivermi la mia maternità in modo esclusivo ancora per un po'. Ci è voluto tempo e  fatica per abituarmi all'idea che quella sarebbe stata da lì in avanti la nostra quotidianità! Ho versato lacrime per giorni ed anche se la vedevo serena con i nonni e con il papà, io mi sentivo morire dentro ogni mattina, ad ogni distacco!
Poi è arrivato il momento dell'asilo: a 2 anni era abbastanza grande da capire che quella sarebbe stata una nuova sfida. Niente più mamma, ma anche niente più casa, niente più nonni, niente più papà....non più un ambiente ovattato in cui sentirsi protetta ma il primo vero contatto con il mondo esterno, il primo vero momento confronto con "l'altro". In realtà ci siamo abituate abbastanza in fretta alla nuova dimensione ed in questo devo dire che l'ambiente scolastico che abbiamo trovato ci ha aiutato parecchio. Maestre preparate e accoglienti, aule a misura di bimbo e regole impostate sul rispetto dell'unicità dell'individuo hanno fatto si che il tutto venisse vissuto come un naturale step di crescita.
Ora Puffetta Gaia ha 8 anni ma la situazione non è tanto cambiata, soprattutto per lei. Io ho imparato a gestire le mie ansie, le mie paure, le mie frustrazioni ed i miei sensi di colpa e riesco bene a metterli a tacere quando fanno capolino tra i miei pensieri. Lei....forse ancora ha bisogno di tempo.
Ora ogni tanto parto per questioni lavorative e mi allontano da casa per 4-5 giorni: cerco di prepararla, di spiegarle cosa succederà e con chi starà quando la mamma non ci sarà e le ripeto costantemente che anche se lontana sono sempre accanto a lei! Che l'amore non ha tempo nè confini e che supera ogni distanza, che è un po' faticoso il momento di lasciarsi ma che è meraviglioso l'abbraccio e la gioia del rientro! Cerco di rassicurarla sul fatto che non sarà mai sola e che la sua mamma sarà con lei anche quando non potrà vedermi, toccarmi o sentirmi.....io sarò sempre lì! Piano piano ci si sta abituando ed ogni distacco diventa sempre meno pesante e faticoso: emotivamente è difficile controllare la nostalgia, il senso di vuoto, soprattutto quando si hanno solo 8 anni, ma è giusto che lei ci provi e che metabolizzi il fatto che crescere vuol dire anche staccarsi dalla mamma, vuol dire anche imparare a gestire le emozioni, vuol dire anche riuscire a cavarsela "da soli". E' un percorso da fare insieme, un cammino che accompagna la crescita ma anche un dovere di noi genitori imparare a lasciarli andare, prepararli per spiccare il volo! E' faticoso ma necessario.
Con i secondi figli è tutto molto diverso: l'esperienza vissuta con i primi aiuta ed insegna e quindi anche per Puffo Edo sembra essere tutto più semplice. Lui vive il distacco come qualcosa di assolutamente naturale, senza troppe ansie, senza troppi pensieri. sarà anche che è più piccino, ma mi sembra meno complicato da gestire....emotivamente più lineare e sereno. Ed anche io lo lascio con uno spirito diverso: tranquilla del fatto che sa che io lo penserò e che il mio ritorno sarà sempre un momento di grandissima gioia!
Voglio concludere con un pezzo che è per me un dictat:

I vostri figli non sono figli vostri... sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perchè la loro anima abita la casa dell'avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perchè la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L'Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell'infinito e vi tiene tesi con tutto il suoi vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell'Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l'arco che rimane saldo.
Kahlil Gibran

da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-7735>


5 aprile 2014

Ma poi il diverso chi è veramente?


Il tutto parte da una di quelle domande che ti piovono addosso inaspettatamente e alle quali ti senti in dovere di dare risposte chiare e sincere, comprensibili da una bambina di 8 anni che, curiosa e confusa, ha il desiderio di saperne di più!
Una sera mentre ci stiamo coccolando prima della buonanotte mi chiede: "Mamma cosa vuol dire essere diversi?" "Perchè ci sono i bianchi e i neri?" "E chi sono le lesbiche?".
Le chiedo se c'è un motivo particolare per il quale mi fa queste domande e mi racconta un episodio successo in classe, durante la lezione di prosocialità.
"Sai mamma, avevo scritto su un bigliettino IO AMO LA MAMMA e i miei compagni hanno iniziato a prendermi in giro dicendo che sono una lesbica e che non si possono due donne non si possono amare! Ma io ti amo lo stesso! E me ne frego di quello che mi hanno detto perchè sono loro che non sanno come stanno le cose, non io!" Continua dicendo che la maestra Francesca, prendendo spunto da questo episodio, ha spiegato che ci sono diversi tipi di amore, diversi colori della pelle, diverse modi di pregare un diverso "DIO" ma che nessuna di queste cose è sbagliata e nessuna di queste persone è meno importante dell'altra.
Intervengo e le racconto una bella storia che ho letto su un blog che seguo e che si intitola "Fuori logo": a scriverlo è una donna e mamma lesbica che racconta in maniera molto trasparente cosa significa vivere quella che ancora troppa gente considera essere una diversità. E' La storia di Papavera, una favola per spiegare l'omosessualità che, in maniera molto semplice racconta del desiderio di seguire se stessi senza il timore del giudizio altrui. Lei sorride, approva, capisce, annuisce e mi dice: "Sapevo di non aver sbagliato nello scrivere che ti amo! Anche due donne possono amarsi senza vergognarsi vero mamma?" Rispondo con un caldo e avvolgente abbraccio e le dico: "L'amore viene al cuore e di qualsiasi tipo sia è sempre e solo amore! Le cosa di cui aver vergogna sono altre!". E così abbiamo chiarito anche il significato della parola lesbica che, sicuramente, non userà mai a sproposito come hanno fatto i suoi compagni di scuola....
Poi vuole approfondire il discorso del diverso colore della pelle ed anche in quest caso mi faccio aiutare da una storiella che mi sono inventata e che insegna come il bianco, il giallo ed il nero siano solo la facciata esteriore di anime, cuori e menti che vivono, amano e pensano allo stesso modo. La diversità esiste solo negli occhi di chi la vuole sottolineare e nella testa di chi ha bisogno di un pretesto per sentirsi migliore dell'altro.
Puffetta Gaia mi sembra serena: ancora non ha tutte quelle sovrastrutture che costringono l'umanità adulta in recinti di ghettizzazione di razza, sesso, religione e nazionalità differenti; Lei ragiona ancora con il cuore, con la purezza di spirito di chi davvero si confronta alla pari con il resto del mondo ed io insisterò affinchè possa mantenere anche da adulta questa apertura mentale e questa raffinatezza di spirito che non sono tanto facili da trovare!









Siamo in piena pre adolescenza!


Una volta i problemi iniziavano con l'adolescenza: mamme e papà potevano stare tranquilli fino ai 13-14 anni, quando poi avveniva la trasformazione e il figlio tanto bravo e tranquillo diventava d'improvviso ingestibile e ribelle. Poi si è iniziato a parlare di anticipazione della crisi adolescenziale che, secondo studi di espertissimi psicologi, sarebbe arrivata intorno ai 10-11 anni. Ora spopola la crisi pre adolescenziale che, accidenti, arriva all'improvviso e interessa i bambini intorno agli 8 anni travolgendo genitori del tutto impreparati e attoniti. Noi ci siamo dentro in pieno!
Sto parlando della nostra cara Puffetta Gaia che, con lo scoccare dell'ottavo anno di età, ha subìto una metamorfosi alienante.
Da bimba serena, sorridente, educata, ragionevole e ubbidiente si è "evoluta" (questo termine lo usa lei quando parla del suo cambiamento!) ed è diventata, scontrosa, musona, irragionevole e disubbidiente: volano risposte da manuale ogni volta che si scatena "la crisi".
"Tu devi smetterla di comandarmi!" "IO non sono te! Rispetta i miei tempi!" "Questa è la mia vita e "ci decido io"" "Io con voi non ci vengo...posso anche stare a casa da sola!" "Odio mio fratello!" "In questa famiglia nessuno mi capisce!".......e, colpo di scena, mi ritrovo con in bocca le stesse parole che mi sono sentita dire dai mio padre e mia madre, con la differenza, non trascurabile, che i miei ricordi di queste battaglie risalgono ai miei 15-16 anni! Ma Lei ne ha solo 8!
"Io sono tua madre ed è giusto che ti dica cosa fare e cosa no!" "Tu non sei me, ma ti tocca rispettare regole e tempi adeguati alla famiglia!" "Questa è la tua vita....ma per il momento "ci decido io"" "Tu vieni con noi e senza più discutere!" "Lascia stare tuo fratello e smettila di usare la parola Odio!" "Il problema non è che non ti capiamo è che tu non ascolti e non vuoi capire che sei ancora piccola e che qui comandiamo noi!"
Come uno Tzunami questo uragano ci è piombato addosso quando ancora pensavamo di poter stare sereni, il tempo della ribellione ci sembrava ancora lontano e il tutto ci ha trovati completamente impreparati!
Inoltre in casa tocca sempre a uno dei due genitori in particolare fare la parte del "cattivo" e, guarda caso, la palma d'oro è toccata a me!
Sfinita dalle continue discussioni mi rimetto in discussione (scusate il giro di parole!) quasi quotidianamente tanto che, per come son fatta io, non riesco a non farmi domande sul perchè accada tutto questo e soprattutto non accetto di rimanere senza risposte convincenti che riportino il mio "essere mamma" in una dimensione di pace e serenità.
Trovare la strada giusta è davvero difficile quando sai che il manuale di istruzioni del bravo genitore non te lo dà nessuno, ma stare semplicemente ad aspettare che passi mi sembra troppo riduttivo quindi decido di andare in analisi. E cosa scopro? Che il mio voler a tutti i costi essere una mamma "da manuale" non è poi così tanto un bene, non lo è per me e non lo è per Lei. A me non viene restituito ciò che, per investimento di tempo, fatica e amore mi aspetterei di ricevere indietro. A Lei sembra che le venga richiesta una sorta di irraggiungibile perfezione alla quale non si arriverà mai. Quindi.....decido di abbandonare regole precostituite e concetti educativi preimpostati e mi abbandono al mio istinto di madre. Sono qui che ci provo.....e aspetto di vedere se così funziona! Intanto Mi godo i sorrisi e gli abbracci che comunque le strappo e che continuano ad essere benzina per la mia anima! Sperando che qualcosa cambi.....

La mia corsa contro il tempo


Sono sempre stata una donna attiva: ricordo quando ero ragazzina di momenti un cui mi sembrava uno spreco la notte passata a dormire o quando, cascasse il mondo, tutte le sere il mio appuntamento palestra era sacrosanto.Correvo, sempre, a destra e sinistra perchè di cose da fare ne avevo tante!
Ora ho vent'anni di più e la mia iperattività resta una costante: non so stare ferma, nemmeno quando sto per crollare dalla stanchezza; mi trovo sempre qualcosa di interessante da fare, un hobby, un appuntamento, fosse anche solo un viaggio con la fantasia ma io devo sentirmi impegnata. Come se già di per sè non lo sia!
Due lavori, due figli, due gatti ed un solo marito (grazie a Dio!) e poi la gestione di tutto ciò che è quotidianità: Lui è il braccio ed io la testa. Penso, registro, elaboro e poi  gestisco da lontano! Si, perchè sono anche pendolare e occupo circa 2 ore e mezza della mia giornata a fare avanti e indietro casa-ufficio. Ho imparato a sfruttare anche quei "tempi morti" per dedicarmi alle amicizie: telefonare senza i bimbi che mi tirano per i pantaloni e che mi costringano a riattaccare mi sembra già un privilegio ed è questo il "mio tempo", quello "dell'anda e rianda" in cui mi dedico a brillanti chiacchierate con le amiche che non sempre riesco a seguire come vorrei e come meriterebbero!
Inoltre: ho deciso che con qualche chilo in più no mi piaccio e quindi ho preso la situazione in mano ed ho cominciato ad aiutarmi facendo un po' di movimento (che se non risolverà il problem dei chili, fa comunque bene all'umore!). IL problema vero è stato decidere QUANDO farlo: la sera no perchè toglierei alla famiglia il (già poco) tempo che trascorro con loro; la mattina no perchè non riuscirei ad alzarmi all'alba per andare a correre sperando di arrivare lucida fino a sera; allora quando? Pausa pranzo....che è diventata pausa #oggisicorre! Abbiamo formato un piccolo gruppetto di temerarie e coraggiose "gallinelle" e, trascinandoci l'un l'altra, riusciamo quasi sempre a raggiungere obiettivi soddisfacenti! Per me è già un grande risultato non abbandonare l'idea e riuscire a mantenere una certa costanza, cosa che più passano gli anni e meno riesco a rispettare. E invece questa volta si!
Insomma, le mie giornate dovrebbero essere di almeno 36 ore per riuscire a fare tutto senza arrivare sempre senza fiato; ma a dire la verità poi a questo ritmo senza tregua ci si abitua anche un po' e lo si digerisce bene alla fine. Senza tutta questa incessante corsa contro il tempo per portare i bambini a scuola, per arrivare in ufficio ad un orario decente, per rispettare le consegne lavorative (è tutto da consegnare entro....ieri!), per tornare a casa la sera il prima possibile....e potrei continuare all'infinito, forse mi annoierei!
Quando mi chiedono qual è un mio desiderio, io rispondo sempre che nella vita non mi manca nulla; unica cosa che vorrei davvero avere in dono e IL TEMPO: più tempo per i miei bambini, per mio marito, per me stessa, per le mie amiche, per coltivare le mie passioni.....TEMPO, il mio DONO più prezioso!
Intanto, mentre spero di trovare la tanto desiderata lampada di Aladino, vivo così la mia corsa contro il tempo....felicemente rassegnata che tanto....vince sempre lui!

2 aprile 2014

La differenza tra essere padre e fare il padre....


Quando pensavo alla persona che avrei voluto avere accanto per la vita mi sono sempre immaginata un uomo presente e affidabile che fosse un buon compagno e soprattutto un ottimo padre.
La definizione di "ottimo padre" è sempre molto soggettiva ma credo che vi siano alcuni punti fondamentali sui quali non si transige e che mettono davvero d'accordo tutti.
Diventare padre è diverso da saper fare il papà, sentirsi padre dentro vuol dire sentirsi parte di un progetto familiare che prevede investimento in termini di tempo e di affetto e che fa vivere da protagonisti la crescita ed il percorso educativo dei propri figli. Non tutti gli uomini ne sono all'altezza, alcuni per mancanza di "affinità" con il ruolo di cui sono investiti, altri per mancanza di voglia. Non nascondiamo il fatto che essere padre (e madre, ovviamente!) significa anche saper mettere da parte le proprie esigenze per dare la precedenza a quelle dei propri figli e per dedicarsi anima e corpo, quotidianamente, ad affiancarli in tutte le fasi della loro vita. Quando sono piccini significa saper creare con loro un feeling che non è così "scontato" come quello che naturalmente si crea tra madre e figlio, significa imparare a conoscere le loro esigenze ed i loro bisogni, significa imparare ad interpretare i loro pianti, significa riuscire a soddisfarne le loro richieste primarie. Tutto ciò prevede un certo impegno ed una certa fatica che talvolta gli uomini non sono pronti a caricarsi. Entrare in profondità nel rapporto con un neonato non è facile ma è una sfida meravigliosamente avvincente: cambiare il pannolino, fare il bagnetto, riuscire a calmare il pianto disperato di un bimbo non è un automatismo che scatta nel momento in cui quell'esserino viene al mondo, non è un automatismo che scatta nella testa di ogni uomo. Ed è per questo che, fin da subito, si intravede il futuro di un rapporto che deve avere origini profonde fin dalla nascita: ci sono uomini che osservano "da lontano" senza farsi troppo contaminare da questi meccanismi così tanto ignoti quanto scomodi per chi, fino al giorno prima, riusciva a pensare egoisticamente soltanto a se stesso. Questo è il caso in cui, troppo spesso, l'uomo si sente messo da parte, defraudato di quel posto che "gli spetta" e la coppia entra profondamente in crisi. Donne "troppo" impegnate a fare le mamme e mamme che non si ritrovano più nel ruolo di donne.....ma soprattutto uomini che nemmeno osano immaginare cosa voglia dire fare il padre assumendosi oneri ed onori del ruolo in questione. Va tutto allo scatafascio, si rompono equilibri instabili e non ci si ritrova più negli spazi nei quali si dovrebbe cercare di reinserirsi e di ritrovarsi. La cosa peggiore, in tutto questo, è che incredibilmente a perdere di più sono proprio gli uomini, quegli uomini che non sono in grado di godersi la crescita dei figli e che si perdono attimi "eterni" che non torneranno mai più! Non capiscono che il legame padre-figlio inizia lì e che poi sarà sempre più difficile recuperarlo. Poveri uomini......soli!
L'altra categoria di padri è quella che invece si lascia travolgere dall'emozione incontenibile e che inizia a respirare a pieni polmoni l'aria della paternità! Papà maldestri che si cimentano nell'accudimento dei loro cuccioli e che piano piano riescono a conquistarsi i loro sorrisi, le loro smorfie buffe, le loro tenerezze. Sono quelli che si godono l'evolversi faticoso della nuova quotidianità prendendo tutto il bello che il loro ruolo richiede e che i figli danno in cambio. Sono uomini che si ricostruiscono, che si ricompongono in una dimensione diversa; sono uomini che entrano nelle corde e nel cuore delle loro creature e che sanno ritrovare una magica diversità nella nuova dimensione familiare. Ne beneficiano tutti: loro, in primis, poi i figli, e le compagne che si sentono ancora più amate grazie all'amore che filtra per induzione dal rapporto padre-figlio. Poi i bambini crescono e richiedono nuove attenzioni: i ruoli sono sempre in fieri, le condizioni sono sempre in movimento; bisogna essere bravi nel saper riequilibrare il tutto secondo la nuova realtà! Amalgamarsi, questo è il segreto. E se questo lavoro inizia ad esser fatto fin da subito diventa più facile poi seguire i meccanismi nei quali la vita di genitore conduce.
Io non ho sbagliato! Ho scelto proprio un uomo di serie A: uno che non si è mai perso un'ecografia, uno che non si è mai risparmiato in coccole e dolcezza anche nei confronti di un corpo che stava cambiando, uno che per i suoi figli c'è sempre stato.....a modo suo, come è capace, ma c'è! Magari distratto, magari indeciso, magari pigro ma lui è lì ed io lo so, ma soprattutto LORO lo sanno ed è per questo che i Puffi lo adorano. Perchè Lui è il loro papà!